mercoledì 11 novembre 2009

Street Food


Onnipresente distributore di bevande calde e fredde.

Ho recentemente sentito un intervento di Carlo Petrini fondatore di Slow Food, che ha presentato una traduzione giapponese del suo libro Buono pulito e giusto, a proposito del cibo buono, etico e lento. Qui mangiare mentre si cammina è considerato un segno di maleducazione. Non fatelo, oppure fatelo ma sarete subito declassati a poveri stranieri senza grazia e senza cura, per voi stessi e gli altri. Eppure mangiare in giro è pratica comune, se vi sedete nelle apposite panche. A Tokyo, tutti concordano su un punto in fatto di cibo: costa davvero poco mangiare fuori. Ovviamente, non vi venga in mente di ordinare otto etti di sashimi in uno di questi posti con il cuoco che ha un rapporto divino con i suoi coltelli e il senso del taglio è una questione zen. Il cibo è di buona qualità ed economico, se si escludono: a) le imitazioni di tramezzini, gonfi di maionese che neanche in un baretto a fine settembre nel litorale di Quartu potrebbero vendere; b) tutto l’universo culinario italico e transalpino, qui molto apprezzato, per intendersi, quei ristoranti che si chiamano per cognome o nome, tipo “Da Salvatore”, “Sabatini”.
Se siete in giro, e volete piluccare o affogare la frustrazione da carboidrato, si fa un buon pasto per circa 1000 Yen (circa 7,50 euro) di cose che appartengono alla loro tradizione. Verdure stagionali, alghette in tutte le salse, zuppette, riso, frittatine con polpo ecc. Lo so, non è una rosetta con salame e pecorino, ma non vi trovate neanche nell’area di servizio di Abbasanta. Se siete di bocca buona, nelle aree ancora tradizionali è possibile trovare la versione nipponica di venditori ambulanti di cibo (loro, i caddozzoni): al lato del tempio, intorno ai mercati rionali. Per poche centinaia di yen vi danno cibo caldo, arrostito e alla piastra. Caffé? Ecco, invece qui bisogna stare attenti, perché oltre a servire cappuccini a 130°c, rischiate di pagarli, l’equivalente di almeno 2 colazioni nostrane al bar, bombolone compreso. Ci sono però delle isole felici: i caffé Segafredo per esempio, dove i baristi giapponesi si dicono in italiano “grazie” e “per favore” a vicenda, per creare l’atmosfera. Il cappuccino è da manuale.

Un morso e via...

Onigiri: l’equilvalente della pizzetta al taglio, sano bolo triangolare di riso bollito, farcito con pesce o verdurine, avvolto in nastro di alga nori. Pratico, non cola, non è unto, è sano

Okonomyaki:
frittattina leggera con pesce (polpo,calamari, gamberi), o verdure, decorata con una salsa dolcina, e scaglie di pesce secco. Provare per credere.

Tempura:
frittura in pastella. Di tutto di più, pesce e verdure a piccoli morsi.

Sushi/Sashimi:
meglio lasciar perdere quello economico. Se vi trovate alle 7 del mattino nell’area intorno a Tsukiji (uno dei più importanti mercati mondiali del pesce), entrate in uno dei localini intorno. Sembrano posti economici, ma in realtà sono delle filiali di Bulgari del filetto di tonno. Potete gustare il sushi più fresco della città. Una volta nella vita va fatto.

Senbei:
gustosi cracker di farina di riso, spesso insaporiti con alghe e spezie, cotti tradizionalmente sulla griglia a carbone e spennellati con salsa di soia. Ottimi con la birra.

Burgheraggi:
pare che il panino Mc, qui sia molto leggero, per adattarsi ai gusti del palato nippo. Solo in casi di estrema disperazione, poi c’è solo il biglietto di ritorno.


Yanaka coffee. Stupendi caffé appena tostati e macinati da tutto il mondo.

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