mercoledì 10 febbraio 2010

Jishin

Palazzo sghembo a Omotesando

Mi piacciono molto certe architetture di Tokyo, fatte di materiali high tech, di vetro, cemento acciaio, dalle forme impossibili, con le strutture a vista, grossi bulloni, infinite scalemobili, baricentri creativi. Confido nell'intima bontà degli ingegneri. Un paradiso per architetti e per costruttori senza freni inibitori e una buona dose di fatalismo.
Si dice che ci siano in media 70 anni d'intervallo fra due grandi Jishin (Terremoto) secondo i sismologi. L'ultimo è stato nel 1923. Ogni volta che mi trovo in spazi molto piccoli o molto grandi quasi di default dedico almeno un minuto a guardarmi intorno con nonchalance, per verificare le vie di uscita e la presenza di estintori. Nel primo caso perchè ci sono molte persone da evacuare, nel secondo caso perchè lo spazio  piccolo è privato e forse meno garantito in termini di sicurezza. Questa specie di procedura a Tokyo non è solo il frutto di fobie personali. Qui la possibilità di un terremoto sono altissime, così come la densità di popolazione. Un caffè in media, quando non fa parte di una catena, è di circa 30 metri quadri tutto incluso. I tavoli sono nipponici: non siamo seduti in una poltrona multisala del Texas. Ci si ritrova gomito a gomito con l'altro cliente e si entra in confidenza con i reciproci ritmi della masticazione. Dunque studiarsi una via di fuga torna utile.
Leggendo l'opuscolo che il comune consegna ad ogni residente due o tre cose uno dovrebbe saperle: tipo chiudere il gas e lasciare le porte aperte alle prime oscillazioni. Non basta, aiuta. Ma qui si dorme con una piccola borsa di documenti accanto al letto tutte le notti. Ho studiato il percorso per raggiungere il meeting point del quartiere, e deciso, se ne avessi il tempo, quali beni portare con me. Per capire bene cosa significa alto rischio sismico si può dare un occhiata  al sito dell'Agenzia Metereologica Nazionale Giapponese. Il secondo link dopo la home page è dedicato ai terremoti. Il sito da un bollettino giornaliero di ogni picccola scossetta, con una mappa e tutte le indicazioni su epicentro e intensità. Efficienza nipponica. E per non venir meno al brivido per le cose belle che non permangono, il sito da anche il bollettino sulla fioritura dei ciliegi. Vi interessa? Andate alla sezione visitatori e turisti. La prossima fioritura da fine marzo, forse.

 
Tokyo Mid Town Design Hub




lunedì 1 febbraio 2010

Zen

 
Tokyo International Forum

Tornare a Tokyo con un visto turistico mi permette di vivermi ancora per un po' questo posto. Alle stranezze che mi stupivano le prime settimane se ne aggiungono altre nuove, altre che sono nella normalità di questa grande città asiatica. Ci si abitua presto alle cose buone. Per esempio il senso di pulizia che dopo un po' sembra scontato, non lo è affatto. Planando a Londra per due giorni lo scorso Dicembre ho capito subito cosa significa attraversare spazi pubblici qui a Tokyo e prendere la Piccadilly line a Londra. Ci si abitua anche al silenzio o meglio dire, a una comunicazione sociale che non è mai sopra le righe, alla stupenda cura per i dettagli, alla cura personale. Come disse qualcuno se la civiltà di un popolo si misura anche dalla cura per se stessi e per gli spazi condivisi, la relazione che Tokyo ha con le altre capitali asiatiche forse è solo goegrafica. Facendo il check-in a Fiumicino con la compagnia cinese Air China ci si rende conto di cosa significa  al primo sguardo identità culturale. Non meglio, non peggio, solo diverso. Diverso cosa? La gestualità, per esempio o la modalità in cui si affrontano situazioni di attesa: fare la fila o saperla fare senza tante storie è un fatto culturale. Noi italiani lo sappiamo bene. I cinesi un po' ci somigliano. I giapponesi e gli inglesi un po' si somigliano. Resterò a Tokyo per altri due mesi, nel frattempo imparerò lo ZEN a e l'arte del saper attendere.